lunedì 22 dicembre 2008

FIOCCO ALLA PORTA DEL NOSTRO CUORE

Vogliamo iniziare la nostra riflessione sul Natale in maniera igniaziana.
Vi chiediamo dunque di chiudere gli occhi e con la forza dell’immaginazione e con il cuore di:
1) vedere i pastori - vedere la Madonna - Giuseppe e il Bambin Gesù;
2) notare, osservare, contemplare ciò che dicono;
3) guardare e considerare quel che fanno, il loro viaggio e la loro pena perché il Signore viene a nascere in un estrema e squallida povertà.
Riaprite gli occhi.
Ecco, quella scena, così come ve la siete immaginata è l’inizio di un dono, del regalo più bello fatto all’umanità: la certezza di un Dio che si dona, di un Dio che si offre, di un Dio che mostra il suo volto. Nella grotta di Betlemme Cielo e terra si toccano. Il Cielo è venuto sulla terra. Nella scomodità della capanna, come si direbbe oggi, priva di comforts troviamo Gesù Bambino. Le sue braccia sono aperte e tese verso Maria, Giuseppe, i pastori, verso ogni uomo che passa, verso di noi. Vuole attirare la nostra attenzione, di noi che siamo distratti, che corriamo dietro al tempo, tanto dimentichi di Dio! O piuttosto, che vorremmo volgerci a lui se non quando ne abbiamo bisogno.
Tu ci chiami.
Ci chiami ogni giorno della nostra vita intorno alla culla di Betlemme. La figura del Dio bambino se contemplata nella sua vasta dimensione, fuori dai panni, dalle pecorine, dagli angioletti, dalle statuette di gesso del bue e dell’asinello, e dei pastori che vagano sul muschio sotto le stelle di cartone diviene dichiarazione d’Amore. Quella grotta diviene fornace d’amore in cui tutto si compone e si sana, tutto trova senso e consolazione; tutto si comprende.
Il Natale ci ricorda che è il Dio infante che ha toccato l’umano nella fragile veste di neonato, di un lattante, di un bambino e poi successivamente come colui che predica, digiuna, prega, opera miracoli ed infine muore per noi. È un Dio insomma che non ha saltato le tappe, nasce in una grotta ma è il Re dell’Universo, nasce povero ma è il Re del Cielo. Egli si è umiliato nella carne, non è un Dio principe. Il Natale ci indica che:
Se il figlio di Dio è uomo, l’uomo è figlio di Dio;
Se il figlio di Dio lavora con le mani dell’uomo, le mani umane che lavorano diventano mani di Dio;
Se il figlio di Dio vive la sofferenza degli uomini, le sofferenze degli uomini sono redente.
L’entrata del nostro Signore Gesù nella storia è singolare; l’entrata di Dio come uomo distrugge tutte le impalcature mentale con cui l’uomo cerca di costruirsi un Dio Re.
Ciò che è povero, ciò che è piccolo agli occhi della carne, diventa grande a quelli della fede.
Nessun presepe, nessuna tela raffigurerà mai al meglio quella scena.
Il presepe più vero è quello che si celebra sull’altare: quei frammenti di Pane divengono il suo Corpo per nutrirci del Divino; quel Vino diviene Sangue che vuole bearci del suo Amore.
Accogliamo quotidianamente nella nostra umanità, nel nostro peccato che come la forza di gravità ci ancora al suolo, nell’oscurità del nostro cuore che è grotta quella luce che è Amore.

Nessun commento: